REGGIO EMILIA - AUSCHWITZ  2015

Diario

03 marzo

Pensieri sparsi

Per me è stato significativo il fatto che nei cimiteri ebrei non si usi mettere i soliti fiori ma dei semplici sassolini, ed è stato bello com’è venuto istintivamente il volere di farlo anche a me. (FM)io penso che in realtà noi uomini di oggi non possiamo percepire sul serio la gravità di ciò che è avvenuto nella seconda guerra mondiale ma credo anche che sia importante visitare quello che è stata la “patria” per eccellenza di questo disastro per non dimenticare mai e per far si che tutto ciò non avvenga mai più. (s)

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Silenzio

Zbylitowska Gora. Questo è il nome di un comune bosco situato a Tarnow, nel sud della Polonia. Anzi, non è un comune bosco. E' un bosco di faggi longevi, scheletrici, logorati, impassibili. Non vi sono rumori al suo interno, solo silenzio. Quegli alberi paiono non voler dir nulla di loro, della loro vita e di ciò che hanno vissuto. Ma loro hanno visto e sentito tutto.

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Memoria indebolita

Campo di concentramento di Plaszow - - L’erba calpestata racchiude le lacrime degli innocenti, un pilastro le innalza fino al cielo, le conserva per non dimenticare. Ricorda. Labile memento scalfito dall’omertà. Palazzi, mondani edifici e negozi di mattoni circondano la collina, luoghi vivi, a soli poche centinaia di metri dal peso di un passato che viene in parte celato. È difficile camminare sull’erba di Plaszow, fra il fango nero, quasi sangue rappreso, relitto delle folle di uomini e donne brutalmente uccisi.

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Plac Bohaterow Getta

In questa piazza di un sobborgo desolato di Cracovia, 68 grandi sedie di bronzo disegnano una trama irregolare . Alte e vuote, senza nessuna utilità apparente, suscitano un senso di estraneità e disorientamento. Mi chiedo quale sia il loro senso, quale la loro funzione. Siamo nel cuore del ghetto costruito dai nazisti a Podgorze, il quartiere "sotto la montagna" in cui i 68 000 ebrei di Cracovia sono stati rinchiusi per poi essere inviati al campo di concentramento di Plaszow, o nelle camere della morte di Auschwitz o di Belzec.

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Brezza di morte

Silenzio, intorno. Cielo grigio, pesante, brezza di morte. Un binario verso un bosco di betulle. Il nulla, tante volte calpestato. Il campo. Un vagone vuoto, serrato, che ha contenuto speranze deluse, inganni per nulla ameni. Stipati, annientati, chiusi alla vita. Terra, terra spoglia, brulla, fangosa, bagnata, mortifera, tremendamente matrigna. Pozzanghere. Acqua limacciosa, torbida come i nostri sguardi. Le punte accuminate del filo spinato. Ogni singola spina come conficcata dentro, negazione, rifiuto della libertà che è vita. Legno, baracche, vuoto, come i buchi di quelle latrine.

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