Il viaggio

Tema di Caterina Stamin

12.04.2013 

Tema di Italiano e Storia di Caterina Stamin II C 


Per chiunque voglia scoprire, comprendere, conoscere e soprattutto crescere è necessario porsi delle domande. Come afferma Milan Kundera “una domanda è come un coltello che squarcia la tela di un fondale per permetterci di dare un’occhiata a ciò che si nasconde dietro”. Una domanda movimenta e turba il pensiero, poiché è dal chiedere che parte il dubbio sul rispondere ed è dal dubbio del rispondere che si giunge a mettere in discussione le menzogne della falsa verità, appunto la “tela di un fondale dipinto”. Con il viaggio che abbiamo affrontato ci è stato possibile confrontarci con un intero universo di menzogna celato dalla propaganda. Un esempio di questo occultamento di verità l’abbiamo trovato a Theresienstadt, la cosiddetta “città di Teresa”, sorta in onore della madre dell’imperatore Giuseppe II. Fu segnalata e mostrata alla popolazione all’insegna del motto “il Fuehrer regala una città agli ebrei”, come dono, e ritenuta, nell’estate del 1942, dalla crocerossa danese e svedese lì recatasi, un luogo piacevole e addirittura “gradevole”. Agli inviati internazionali furono mostrate infatti varie attività che si svolgevano al suo interno, bagni spaziosi, residenze, luoghi di cultura e apprendimento. Nessuno degli ispettori ebbe l’acutezza o la mente aperta per guardare dietro quello che veniva presentato. Il silenzio e il vuoto che si percepiscono percorrendo le strade rettilinee di quella città, ma anche solo il vento gelido che ha colpito noi coperti fino alle orecchie, suggeriscono un tremendo spettacolo di morte. Bisogna sapere che Terezin era divisa in due fortezze: la fortezza grande usata come ghetto per gli ebrei e quella piccola come penitenziario o luogo di lavorocoatto per ebrei e prigionieri politici; tutto, in ogni caso,non era che una tappa di passaggio in attesa di un treno che portava verso i campi di sterminio. Bisogna sapere che tutto ciò che era stato mostrato al personale della crocerossa fu creato esclusivamente per il suo arrivo e distrutto subito dopo. Bisogna sapere che quei bagni nessuno li ha realmente mai usati. Bisogna sapere che lì migliaia di persone ogni giorno appese a un filo di speranza sopportavano la fame, la malattia, il freddo e la privazione di libertà. Non solo: è necessario sapere che gli ufficiali del campo si presero gioco degli internati a cui fu fatta costruire una piscina destinata al puro svago dei comandanti. Furono inoltre fatti sfilare davanti ad essa mentre probabilmente tornavano al campo di lavoro o andavano al patibolo per offrire materia di “divertimento” ai loro aguzzini. Camminando per Terezin si immagina il dolore di migliaia di persone ammassate, la loro obbedienza ai freddi richiami, le urla, i passi pesanti delle marce, la sopportazione di stanchezza, fatica, privazione, mancanza, ricordi. Una totale pianificazione di una giustizia criminale. Propaganda e logica di distruzione si sono dispiegate anche a Lidice, un piccolo paese raso al suolo per vendetta all’attentato ad Heydrich, svoltosi il 27 Maggio 1942. Il governo ceco in esilio a Londra aveva progettato infatti un’operazione militare, operazione “Anthropoid”, contro Heydrich, inviato da Hitler come governatore del protettorato di Boemia e Moravia, lui che era stato uno degli ideatori della “soluzione finale”. Sette paracadutisti si misero in azione e riuscirono a portare a termine la loro missione uccidendolo, ma un commando di un centinaio di soldati addestrati ad ammazzare fu inviato per eliminare questi sette partigiani cechi, che, dopo otto ore di resistenza, furono uccisi ad insegnamento e monito per la popolazione. Si credeva che alcuni di loro provenissero appunto da Lidice e così gli uomini di questo paese furono fucilati, deportate le donne, distrutte le case e 82 bambini mandati ai forni crematori. Solo 17 di loro, prescelti perché ritenuti adatti alla “germanizzazione”, furono tenuti in vita e dati in adozione a famiglie tedesche. Non è solo il freddo, non è il silenzio, è ancora una volta il vuoto che uccide in quel posto, il pensiero di calpestare una terra che era abitata, l’immaginarsi i cancelli delle case, delle voci, o anche solo un po' di sporcizia per terra, qualche carta buttata, qualcosa che possa mostrare che prima vi era vita. Nulla. Solo con il ricordo è possibile conoscere la verità e sapere che quello era stato uno fra i tanti luoghi dove si era vissuto e sofferto, perché lo sguardo e gli altri sensi percepiscono solo il deserto di una grande distesa verde. Sappiamo che gli attentatori che uccisero Heydrich non provenivano da Lidice, che il massacro era stata l’ennesima operazione di propaganda pianificata e costruita come minaccia, come lezione e richiamo all’obbedienza. Mi chiedo dunque “come mai”. Come sia possibile uccidere tanti innocenti ma ancora prima come sia possibile costruire una tale ideologia di menzogna criminale. Porre domande, conoscere, ricordare: solo in questo modo è forse possibile squarciare il fondale finto e gettare uno sguardo sulla verità.