Tema di Italiano e Storia di Chiara Corradini
Cari indifferenti,
domani andrò in gita a Praga e a Terezin, da tempo a scuola abbiamo discusso e approfondito gli argomenti e i luoghi che tra poche ore vedrò di persona. Non sono luoghi come altri, né di mero intrattenimento, sono luoghi di una storia crudele e orribile, avvenuta poco meno di settanta anni fa. E questo mi fa pensare. Mi tornano alla mente i volti di Havka Folman Raban e di Ernst Grube, due testimoni che hanno vissuto la persecuzione nazista e la resistenza europea e che sono venuti, pochi mesi fa, a Reggio Emilia, nella mia città, per parlare di persona ai ragazzi di quanto loro accaduto. Havka a soli diciassette anni fece parte della resistenza europea nel ghetto di Varsavia. Venne successivamente arrestata per la sua azione di staffetta di collegamento con il ghetto di Cracovia e deportata ad Auschwitz. Riuscì a sopravvivere. Ernst, invece, visse la Shoah, come lui stesso ci disse, “con gli occhi di un bambino”: infatti a dodici anni venne deportato a Terezin. In seguito, alla fine della guerra, riuscì a ritrovare la sua famiglia composta dai genitori, dal fratello maggiore e dalla sorella minore, un “lieto fine” che, purtroppo, non molto spesso si è verificato. Loro, come tanti altri, hanno avuto il coraggio di resistere e di opporsi al regime nazista. Per questo mi chiedo:”Se io fossi vissuta in quel preciso momento storico come avrei agito? Avrei avuto il coraggio di dire “no!”? Sarei stata in grado di mettermi in gioco e di oppormi con la tenacia di Havka, che aveva la mia stessa età, o avrei taciuto davanti a quegli orrori che si compivano ogni giorno?” Credo che nessuno lo possa sapere con assoluta certezza. L’unica cosa che oggi si può fare è ricordare e tenere radicato nella memoria il nostro passato. Tuttavia, spesso ho sentito dire “perché ricordare?”, “perché il viaggio della memoria?” o “sono avvenimenti passati”. Io a queste persone direi che non si può volere e pretendere il diritto al futuro senza ricordare il passato, perché peggio della crudeltà e della violenza, che ha portato alla morte di più di 6.000.000 milioni di persone, ci può essere solo l’indifferenza. Ora più che mai bisogna smuovere le coscienze, e il viaggio della memoria serve proprio a questo, in quanto ci sono sempre due facce della medaglia, se oggi c’è chi dimentica, c’è anche chi ha provato e prova ancora a cancellare, come se nulla fosse stato. Allora tentiamo di porre in quella medaglia un’altra faccia, la faccia di chi, se pur con umiltà e con pochi strumenti, vuole ricordare. Noi abbiamo un futuro, sogni e aspettative mentre c’è il futuro di tanti ragazzi e ragazze come noi, che non è mai sorto. E sempre rivolgendomi agli indifferenti, riporto le parole di Dietrich Bonhoeffer , che, in una lettera del 1 febbraio 1944, dal carcere berlinese di Tegel scrisse: “Dov’è oggi questa “memoria”? la perdita di questa “memoria morale” non è forse il motivo dello sfaldarsi di tutti i vincoli, dell’amore, dell’amicizia, della fedeltà? Niente resta, niente si radica. Tutto è breve termine, tutto ha breve respiro”. La memoria è l’unica risposta possibile alla cecità, unico collante in grado di tenere insieme passato, presente e futuro, senza di essa vivremmo nella staticità fisica e morale, senza ricordi né speranze. E oggi, come disse Dietrich Bonhoeffer, “Chi non è disposto a portare la responsabilità del passato e dare forma al futuro, costui è uno “smemorato””. Una delle componenti essenziali della vita sociale è l’indignazione accompagnata dall’impegno che ne è diretta conseguenza. Cari indifferenti lascio a voi la decisione di indignarvi o di dire “io non posso niente”. Bisogna vivere anche per coloro che non ci sono e che non hanno potuto continuare a vivere, uccisi dagli stenti, dal freddo, dalla fame, dall’odio. Per tutti gli invisibili della storia.