Primo Turno
I nomi dei luoghi
Lidice:Vuoto, tristezza, desolazioneAttesa di figli che non tornanoLa tua casa e il tuo paese distruttiRitornare a casa e non riuscire a parlare con tua madre Terezin:Paese fantasma, desolazione, vuotoUltima possibilità di vitaPassaggio per AuschwitzMorte Se siamo qui è perché il progetto dei nazisti non è riuscito:Helga ha disegnato, ha lasciato un segno, ha raccontato la sua storiaMaria, la testimone di Lidice ha ricordato la sua lingua e ha ricominciato a vivere
continuaStorie eterne
Esistono gesti che ricordano alla memoria momenti che essa non ha mai vissuto ma che appartengono al suo passato e, in questo modo, la incaricano di tramandare storie eterne.Per noi questo è stato il senso del nostro viaggio della memoria, che oltre ad approfondire le nostre conoscenze e ad insegnarci cose nuove ci ha fatto provare intense emozioni che un libro non può trasmettere.
continuaCapita solo all'indietro, vissuta solo in avanti
Prima di questo viaggio, avevamo visto foto, sentito testimonianze e guardato film ma vivere queste emozioni in prima persona è una cosa che ti aiuta a realizzare quello che è davvero successo, gli orrori che sono avvenuti, i luoghi in cui sono state torturate ingiustamente milioni di persone.
continuaI bambini
Ci sono tanti aspetti di questo viaggio che ci sono rimasti impressi: l'uccisione dei bambini è stata una delle attività più terrificanti compiute dal regime nazista. Partecipare alla visita a Lidice e vedere il monumento dei bambini uccisi come rappresaglia ci ha colpiti nel profondo della nostra coscienza: mai più alcun bambino dovrebbe perdere la sua vita per la perversione di potere e rispetto di alcuni personaggi politici. È disumano solo immaginare la scena dell'uccisione di un uomo, figuriamoci di un bambino innocente.
continuaMemoria come un filo
Il viaggio che purtroppo sta per terminare viene definito da una parola che fa inevitabilmente parte di ognuno di noi: memoria. La memoria in questione è come un filo che collega il nostro presente col passato di altri che non abbiamo potuto incontrare ma che porteremo dentro come un simbolo, un avvertimento per il futuro.
continuaUn soffio
Ventitre anni sono pochi: un soffio. La Terra dicono abbia 5 miliardi di anni. Il primo uomo sarebbe apparso trentamila anni fa. Io sono nato nel 1968. Ho “sbagliato” la Shoah per 23 anni. Un'inezia nel computo del tempo. Avrei potuto essere uno dei bambini di Terezin oppure uno di quelli di Lidice. Con qualche anno in più avrei potuto esserci io in una delle celle della fortezza piccola. Ho pensato a tutto ciò durante questi giorni. Ho pensato alla stanchezza che provo alla fine della giornata e che nel vivere quotidiano mi sembra enorme.
continuaColmare il vuoto
Un vuoto. Un vuoto da colmare. Da colmare con la memoria. Una memoria che deve perdurare nelle menti delle nuove generazioni e di quelle a seguire. Lidice, assieme a Terezin, il cimitero ebraico e il resto del complesso, è lo strumento che serve a riempire il vuoto. Anche se di fatto, la vera Lidice, quella del 1942, è vuota. Non esiste più, come le persone che ci vivevano, quelle che l'hanno cancellata e quel pazzo che ha seminato tutto quel terrore per cui noi oggi ricordiamo ancora. Ma proprio perché non esistono più non bisogna dimenticare, per non commettere le stesse azioni.
continuaA proposito del Viaggio
Alcune brevi riflessioni della classe 4° A dell'Istituto Superiore di Istruzione “Zanelli” a proposito del viaggio della Memoria a Terezin Praga Febbraio 2016.
continuaVincere le paure
Nel momento in cui mi sono trovato a dover decidere un luogo in cui deporre un fiore nel cimitero di Terezin, probabilmente ho capito uno dei motivi per cui mi è stato fatto intraprenere il viaggio della memoria: renderci più sensibili sulla facilità con la quale l'uomo può cadere nel buio della mente, una condizione nella quale si perde completamente il proprio senso di umanità e si diventa in grado di compiere qualsiasi gesto.
continuaIn piedi
Stando in piedi nel mezzo di questa distesa di silenzi a Lidice, si sente tutta l’assenza di vita che investe la vista e tramortisce i sensi. Non è morte consapevole, non è fine attesa e ormai inevitabile. È un tuono che spacca il cielo, un sussulto che toglie la speranza nello spazio di un’istante; la disgregazione dei sogni, che rimangono sospesi, come un urlo di paura inchiodato nel petto da una pallottola. È la fine di un bambino, che non sa nulla del mondo degli usurpatori e dei tiranni, che vuole solo tornare fuori a giocare al pallone e niente più.
continua