REGGIO EMILIA - TEREZIN  2016

REGGIO EMILIA - TEREZIN  2016

Non si è mai pronti

28.02.2016 |
Sofia Colli, 4D Liceo Ariosto

Ho sempre avuto timore di parlare di questo argomento perché non mi ritenevo ancora pronta per farlo, ma facendo quest'esperienza ho scoperto che in realtà non lo si è mai; tanto vale pertanto tentare con questa consapevolezza.

È stata una riscoperta di una storia sentita tante volte, con sì maniere e modi diversi, ma tutte con lo stesso gusto amaro che rischia, dopo parecchie volte, di diventare insipido. Bisogna vedere i luoghi e sentire lì le parole della storia perché, almeno per la sottoscritta, erano vicende talmente brutali e desteremo che erano estranee alla mia mentalità. Tutt'ora lo sono, ma vedere toccare il terreno, le pareti, i soffitti, è stato come osservare con occhi diversi un vecchio oggetto in soffitta (non dimenticato, semplicemente messo da parte e a volte riutilizzato).

Sono riuscita a sentire la speranza, l'ansia, l'inquietudine, l'angoscia, il dolore, la morte di tutte queste persone strette in pochi metri quadrati. Mi tremavano le gambe pensando che neanche un secolo fa in quello stesso terreno che io stavo calpestando mi potevo trovare un cadavere, vivente o meno: a Terezin, nella prigione o nel ghetto; a Sonnenstein, nella sala d'attesa o nelle camere a gas (esperienza che non dimenticherò).

Mi ha però soprattutto colpito come la cultura abbia dato vita e speranza a queste persone disperate, come essa sia stata veramente utile per la loro sopravvivenza e salvezza. Spesso ci si chiede a cosa serva studiare la letteratura, l'arte, la musica: a dare umanità, per ricordare che siamo essere umani e che siamo dotati di immaginazione, di una grande e inalienabile fantasia.


 

  • Il complesso di Sonnenstein e le croci colorate (foto di Andrea Mainardi)
    Il complesso di Sonnenstein e le croci colorate (foto di Andrea Mainardi)