REGGIO EMILIA - TEREZIN  2016

REGGIO EMILIA - TEREZIN  2016

Ai bambini di Zbylitowska Gora

05.03.2015 |
Prof.ssa Valeria Zini - Liceo Ariosto

“Ancora oggi, ogni volta che poso lo sguardo su un bambino, sono sconvolto: dietro a lui vedo altri bambini. Affamati, terrorizzati, esangui, vanno verso la Verità e la Morte – forse è la stessa cosa – senza uno sguardo indietro: non si lamentano, non protestano, non implorano la pietà di nessuno. Come se fossero stanchi di vivere su una terra crudele, corrotta e malvagia dove la loro stessa innocenza li condanna a morte. Non negate ciò, ve lo proibisco, e sappiate che il mondo che ha consentito all’assassino di annientare un milione e mezzo di bambini ebrei porta dentro di sé la sua colpa. Tutti questi bambini, come parlare della loro innocenza senza evocare la loro capacità di gioia oscurata da una tristezza implacabile? Creati anch’essi a immagine di Dio? Di un Dio imperfetto? Come conoscere il mondo che avevano dentro, i demoni che li minacciavano? Come captare le loro invocazioni di aiuto? Il loro sorriso, chi lo disegnerà? La loro fugace felicità, in che modo prolungarla? Sempre sensibili a ciò che fa loro bene, a ciò che fa loro male, come fargli sapere che mi rimangono presenti. Ora so che una società viene giudicata in base al suo atteggiamento verso i deboli, le eterne vittime della vita e degli uomini, e cioè i bambini infelici, i bambini massacrati.”

Così Elie Wiesel, in “Tutti i fiumi vanno al mare”. Ho ripensato a queste parole, oggi, nel bosco di Zbylitowska Gora, tra i grandi faggi ora spogli, davanti agli spazi delimitati da recinti o a quelli segnati semplicemente da un tronco spezzato. Qui, dove in un giorno di giugno ottocento bambini prelevati dagli orfanotrofi sono stati trucidati a colpi di bastone, palloncini bianchi e blu e bandiere dello stesso colore lottano contro il vento freddo di un marzo invernale. Lettere, disegni, figure di cera impastate dalle mani di bambini di una scuola di Israele che hanno oggi l’età che le piccole vittime del bosco avevano allora, fiori e farfalle di carta colorata cercano di restituire un’infanzia che non ha potuto compiersi. Il sibilo del vento tra i rami è l’unico suono che percorre questo spazio da cui, in quel giorno lontano, continuavano a risuonare, ore dopo la strage, i lamenti dei bambini sepolti ancora vivi. Piccole stelle di Davide, sassi e lumini di cera ormai spenti sono adagiati lungo i bordi dei recinti.

Le uniche parole che posso pronunciare sono quelle di un antico poeta: “Che la terra vi sia lieve, così come voi siete stati per essa”

  • Recinto di una fossa comune a Zbylitowska Gora
    Recinto di una fossa comune a Zbylitowska Gora