“La mano del Signore si posò su di me e il Signore mi condusse in spirito, lasciandomi in una valle; essa era piena di ossa! Mi fece girare da ogni parte intorno ad esse; erano proprio tante sulla distesa della valle, ed erano tutte inaridite. Mi disse: ‘Figlio d’uomo, potranno rivivere queste ossa?’ Io dissi: ‘Mio Signore, tu lo sai!” Mi disse: profetizza alle ossa e d’ loro: Ossa aride, ascoltate la parola del Signore! Cosa dice Dio, mio Signore, a queste ossa: Ecco, io vi infonderò lo spirito e vivrete. Darò a voi i nervi, farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle, quindi vi darò lo spirito e vivrete. Riconoscerete che io sono il Signore’.
Profetizzai come mi fu comandato e ci fu un rumore, appena profetizzai, e poi un terremoto: le ossa si accostarono l’una all’altra. Poi guardai, ed ecco su di esse i nervi, sopra vi apparve la carne e sopra ancora si stese la pelle. Ma non vi era ancora lo spirito. Mi disse quindi: ‘Profetizza allo spirito, profetizza, figlio d’uomo, e di’ allo spirito: Così dice Dio, mio Signore: Dai quattro venti vieni, o spirito, e soffia su questi morti, perché rivivano’.
Io profetizzai come mi fu comandato e lo spirito venne su di loro, sicché ripresero a vivere e si alzarono in piedi. Erano un esercito, molto grande […]”
(Ezechiele, 37, 1-8)
“Il passato reca con sé un indice temporale che lo rimanda alla redenzione. C’è un’intesa segreta fra le generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, è stata data in dote una debole forza messianica, su cui il passato ha un diritto. Questa esigenza non si lascia soddisfare facilmente. Il materialista storico lo sa.
Il cronista che enumera gli avvenimenti senza distinguere tra i piccoli e i grandi, tiene conto della verità che nulla di ciò che si è verificato va dato perduto per la storia. Vale a dire che solo per l’umanità redenta il passato è citabile in ognuno dei suoi momenti. Ognuno dei suoi attimi vissuti diventa una ‘citation à l’ordre du jour’- e questo giorno è il giorno finale. […]
Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo ‘come propriamente è stato’. Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena nell’istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di fissare l’immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al soggetto storico nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso è lo stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che è in procinto di sopraffarla. Il Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell’Anticristo. Ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza solo quello storico che è penetrato dall’idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere”
(Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia)
Della funzione non solo conoscitiva, ma anche etica della memoria ci parlano molte fonti. Ne ho scelte due, distanti nel tempo ma accomunate dalla consapevolezza che l’unica forma di salvezza dall’oblio e dalla morte è quella della testimonianza, e che a questo compito nessuno può sottrarsi. Le parole del profeta che si rivolge a un popolo schiavo e disperso, così come quelle del filosofo braccato dai nazisti lasciano intravvedere -quale unica possibile “redenzione” rispetto alle macerie della storia- la linea che attraversa il tempo e, passando per il presente, riscatta il passato collegandolo al futuro. La “resurrezione” evocata dal libro di Ezechiele non è quella del corpo integro e “glorioso” della concezione tradizionale dell’immortalità individuale, ma quella delle “ossa inaridite” delle tante vittime senza nome della storia, che solo attraverso lo spirito – e dunque l’alito della parola e la capacità di ascoltarla- potranno recuperare la vita. Mentre la necessaria, per quanto “debole” “forza messianica” a cui pensa il filosofo materialista, nel momento in cui l’Europa sta per sprofondare in una nuova e più terribile barbarie, trova il suo alimento nella “scintilla” della responsabilità con cui ogni nuova generazione segna la propria “impronta” sulla terra assumendo al contempo su di sé il compito di raccogliere la richiesta di giustizia che viene dal passato. Il passato non è allora un fondamento stabile e saldo, un deposito di certezze, un terreno da calpestare, ma un “patrimonio” fragile, un insieme di domande, un orizzonte. Solo a patto di saper rispondere a questa consegna, di tenere aperto questo orizzonte, potrà esserci speranza per il futuro.