Ti chiedo di provare a pensare anche solo per un attimo a che cosa avresti fatto se fossi stato deportato in un campo di concentramento.
Ti saresti forse abbarbicato alla speranza di uscire dalla macchina mortale che ti teneva imprigionato? Avresti lottato per mantenerti in vita anche tra i diavoli di un inferno terreno? Oppure, stanco del mondo, avresti calpestato te stesso?
Credo che sia più facile abbandonarsi in balia di quel primo freddo d'autunno, in cui le foglie precipitano dagli alberi lasciandoli nudi e fragili piuttosto che affrontare con indosso un sottile straccio a righe le intemperie del rigido inverno.
Soffocando tutto ad un tratto nel male assoluto in cui un destino fatale ti ha gettato, non ti sentiresti forse solo tra una moltitudine di corpi non più umani e non malediresti quel Dio in cui magari continui a credere? Come trovare ancora qualcosa di buono se giorno e notte i tuoi occhi vedono un Dio che lascia torturare, marcire, massacrare e bruciare persone senza più un nome?
Hai toccato il fondo e ora vorresti puntare i piedi a terra per risalire perché forse continua ad animarti il tuo spirito di conservazione, ma i sensi sfumano in un'oscura nebbia e non rimane più nulla.
Il pensiero della morte quasi ti consola.
Niente più condanne bestiali per espiare colpe immotivate e incomprensibili.
Forse, lettore, non riesci nemmeno ad immaginare a che cosa avresti fatto se fossi stato deportato in un campo di concentramento.
Troppo lontana e inconcepibile è quella realtà che ti ho descritto.
SOLO PENSIERI
La mia risposta può essere letta tra le righe in modo implicito, tuttavia penso che a tale domanda non si possa minimamente rispondere.