REGGIO EMILIA - BERLINO  2014

Monumento per gli ebrei sterminati d'Europa a Berlino
Elaborazione - le proposte agli studenti

Tema di Carlotta Garilesi, IIC Liceo Ariosto di Reggio Emilia

 


Il Parlamento Italiano, con la legge 211/2000, ha istituito il ''Giorno della Memoria'' della Shoah e ne ha fissato la celebrazione il 27 gennaio in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo, del fascismo, dell'Olocausto, in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.

La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell'Armata Rossa, nel corso dell'offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Auschwitz, scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l'orrore del genocidio nazista.

Venerdì 7 marzo 2014, ore 08.30

Appena varcato il cancello del campo di concentramento di Sachsenausen ho sentito subito una sensazione di vuoto e di freddo prendermi tutta. Al di fuori appena prima della soglia vi erano le case dei nazisti e i loro luoghi di ritrovo nelle ore libere, ore libere dal torturare povere persone innocenti, dall' umiliare uomini, donne, bambini, anziani senza fare alcuna distinzione, dal costringere a lavorare duramente senza mangiare né bere né riposarsi migliaia di individui a cui ormai era stata tolta qualunque forma di dignità, identità e forza. Queste casupole erano immerse in un bosco che ad esse non si addiceva, che non c' entrava nulla con il luogo deserto e desolante in cui ci trovavamo; quegli alberi sembravano piantati lì per dare una qualche idea di umanità e pienezza, erano un' antitesi di ciò che accadeva davvero oltre quel cancello recante la scritta ''Arbeit macht frei'', ''Il lavoro rende liberi''. Questa la frase che rimaneva impressa nella mente di chi stancamente e a stento varcava la soglia di quel terrore, questa l' illusione che il governo nazista dava a coloro che avrebbero dovuto vivere i loro ultimi giorni, settimane, mesi, anni di vita all' interno di quelle mura spoglie, fredde e grigie sovrastate dal filo spinato per ricordare loro incessamente l' impossibilità di scappare. Il campo era stato progettato in modo tale che qualunque parte di esso sarebbe potuta essere controllata dagli aguzzini così da non lasciare respiro né tregua alle stanche, sfinite, deperite persone che lavoravano per guadagnarsi una libertà che, ahimè, non sarebbe mai realmente arrivata. Infatti anche i pochi sopravvissuti, coloro che sono riusciti contro ogni aspettativa a varcare la soglia del lager nuovamente, questa volta non per entrarvi, ma per uscirvi per sempre, non hanno ottenuto quella libertà che tanto avevano agognato, che tanto avevano sognato perchè anche dopo essere tornati alla ''vita comune'' hanno dovuto sopportare la negazione di ciò che avevano provato sulla loro pelle da parte di chi non credeva possibile che l' uomo potesse compiere cose così atroci, così disumane e fuori dal pensiero comune, hanno dovuto sostenere gli incubi frequenti che non li facevano dormire la notte e il ricordo dei compagni di baracca, dei genitori, dei figli, della persona amata. Le loro vite erano state cancellate, quella porzione di tempo della loro vita era stata soppressa, era come se non esistesse perchè quell' esistenza sarebbe stata ancora più pesante e angosciante della sua stessa assenza. Dunque non era stata per nulla riacquistata una vera libertà, ma soltanto un' apparenza di libertà, una libertà sì fisica, ma una prigionia psichica.

All' interno delle mura desolazione, grigiore, nebbia, vuoto, freddo pungente e un brivido che mi attraversa la schiena. Non un silenzio di rispetto, ma desolante e di imbarazzo, imbarazzo inevitabile davanti all' evidenza, un imbarazzo dovuto alla sola appartenenza al genere umano perchè qualcuno ha osato non solo pensare, ma addirittura trattare in maniera inconcepibile persone tali e quali a loro solo perchè accecati dalla delirante credenza di essere superiori. Lì, in piedi in mezzo ad un' immensa distesa di desolazione, ci si rende davvero conto di quanto sia vero tutto ciò che è scritto nei libri, di tutto quello che compare alla tv, anzi quel silenzio rende consapevoli ancor più di quanto lo facciano le fonti stesse, il trovarsi sullo stesso suolo calpestato pochi decenni fa da povere persone innocenti, da perseguitati perchè più deboli e apparentemente diversi, fa rendere conto della realtà innegabile di ciò che essi hanno vissuto.

Stuck, questo era il nome attribuito ad ognuno di loro indistintamente; essi erano pezzi, pezzi di ricambio, pezzi da macello, pezzi da lavoro. Non erano più elementi animati ma erano divenuti come oggetti, rimpiazzabili da un minuto all' altro.

''Se esiste un Dio, deve chiedermi perdono'': questa la frase scritta su un muro del campo di concentramento di Mauthausen in Austria, ai prigionieri non veniva soltanto tolta la dignità, l' umanità, ma anche la fede, quel briciolo di speranza che avrebbe potuto aiutarli a sopravvivere ai soprusi e alle angherie dei nazisiti.

Questa esperienza serve affinchè la storia ci aiuti a non ripetere gli stessi errori, nemmeno a pensare di poter rifare certe azioni sconcertanti.