Tra le esperienze vissute a Berlino durante il “VIAGGIO della MEMORIA 2014”, ciò che mi ha maggiormente toccata è stato il Museo Ebraico.
L'edificio, costruito dall'architetto Daniel Libesckind, rappresenta metaforicamente la tragedia che gli Ebrei hanno subito durante l'Olocausto grazie allo stile sobrio, alla forma, ai materiali utilizzati. Sono rimasta molto colpita dalla capacità dell'artista di trasmettere gli stessi stati d'animo in cui si trovavano gli Ebrei in quel periodo. Si tratta di un vero e proprio esempio di “architettura sensibile”, fortemente espressiva. Durante il percorso all'interno, continuamente mi sono sentita esortata a riflettere e a rivivere “allegoricamente” la sofferenza, grazie ai tre corridoi che simboleggiano i diversi destini del popolo ebraico: l'asse dell'Olocausto, che conduce ad una torre alta, vuota, buia e fredda; l'asse dell'Esilio, che conduce ad un giardino esterno racchiuso da colonne; l'asse della continuità, che rappresenta il permanere degli Ebrei in Germania; i Voids, cioè veri e propri vuoti. All'interno della Torre dell'Olocausto ho rivissuto la condizione degli Ebrei deportati, la solitudine, lo spaesamento e anche le difficoltà fisiche che essi dovevano affrontare. Nel giardino dell'esilio, grazie a queste enormi colonne diverse fra loro ed il pavimento inclinato, ho provato disagio, smarrimento, straniamento, assenza di equlibrio, mancanza di punti di riferimento; quelle stesse condizioni emotive che provavano gli immigrati, letteralmente catapultati in un altro paese. Ma l'esperienza per me più intensa è stata quella dell'ingresso in uno degli spazi vuoti dell'edificio, nel quale si trovano migliaia di volti in acciaio sui quali, camminando e ascoltando il frastuono prodotto dall'urto di un volto con un altro, ho provato vera e propria angoscia: sentivo di calpestare le loro vite, il loro ricordo. Quest'ultima parte del museo è dedicata a tutte le vittime della violenza, le cui vite sono state veramente calpestate da carnefici.