Febbraio 22-27, 2016 - a cura della classe IV D composta da Annovi Martina, Bosco Luca, Caselli Maria Marta, Colli Sofia, Davoli Niccolò, Giroldini Arianna, Gualdi Arianna, Guidetti Lisa, L’Abbadessa Alessandro, Martino Camilla, Medici Sara, Messori Anna, Munari Filippo, Rossi Sofia, Scaletti Ilaria, Tavaglione Saverio, Vezzani Dense, Vinceti Beatrice.
La classe IV D della sezione classica ha partecipato al secondo turno del viaggio della memoria organizzato da Istoreco.
Questo è il racconto e il reportage fotografico della loro esperienza, che desiderano condividere con la scuola, facendo così propria la lezione di Erodoto, secondo cui gli accadimenti del passato vanno ricordati “affinché non sbiadiscano nel tempo”.
Praga
Città dai mille volti, Praga è la sintesi di una realtà tecnologicamente avanzata e allo stesso tempo conservatrice di una cultura artistica unica.Le sue origini risalgono al XVI secolo e la città è stata testimone di eventi storici molto significativi. Considerata “città d’oro“ fin dal Medioevo, il suo centro storico è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità.
La città si estende su entrambe le rive del fiume Moldava ed è costituita da 6 quartieri tra i quali i più celebri sono Mala Strana e Stare Mesto. Tra le attrazioni artistiche vi sono il Castello, la più grande fortezza medioevale del mondo, al cui interno si trova la splendida Cattedrale di San Vito, che nella parte neogotica contiene la celebre vetrata del più grande pittore liberty A. Mucha, il suggestivo Ponte Carlo, che è anche il simbolo della città, la Casa del Municipio che ospita concerti, mostre e caffè alla moda, la Torre delle polveri, la Piazza dell’orologio e la particolare nonché immensa Piazza Venceslao, teatro della famosa primavera di Praga, il museo Mucha.
Insomma, una città eclettica, aperta e ospitale, in cui ci si può immergere in un’atmosfera magica fra arte, storia, musica colta e di strada.
Ogni angolo una storia importante, un ricordo in più da portare con sé.
Una vista del fiume Moldava dal ponte che porta dal Castello alla Città Vecchia
Terezin
È mercoledì e oggi ci aspetta quella che forse è la meta principale del nostro viaggio, Terezin. Il luogo si divide in fortezza minore, che visitiamo al mattino, e fortezza maggiore, dove ci rechiamo nel pomeriggio. La fortezza minore nacque nel XVIII secolo a scopi difensivi, per poi essere utilizzata come carcere politico, quando durante la seconda guerra mondiale il luogo divenne un campo di concentramento.
Davanti alla fortezza piccola si trova il cimitero nazionale, che ricorda i migliaia di corpi gettati nelle fosse comuni. Passata la soglia della fortezza, la guida ci accompagna ripercorrendo la strada che neanche 100 anni fa migliaia di ebrei percorsero camminando incontro alla morte.
Tutto è silenzioso. È difficile immaginarsi le scene disumane che la guida ci racconta,così lontane da noi da sembrarci surreali. Eppure i muri di questi luoghi sembrano portare ancora i segni delle atrocità che hanno visto. Anche l'aria pare pesante a Terezin, come se fosse carica di tutta la morte e la tristezza che ha abitato questo posto e che ancora sembra appartenergli. Entriamo uno dopo l'altro in freddi dormitori dove non può che colpirci la povertà di quei letti a castello ammassati senza materassi o coperte. Continuando con il gelo fin nelle ossa, rabbrividivamo per la brutalità di ciò che avevamo davanti mentre entravamo nelle minuscole celle, dove furono rinchiusi per lo più prigionieri politici e dove chissà quante vite degne di vivere come noi, come tutti, hanno lasciato questo mondo per fame, freddo, sfinimento o semplicemente per un'immensa tristezza dovuta alla loro condizione.
Ma Terezin non è solo questo; Terezin è anche grandi case con balconi, alberi, giardini e piscina dove potevano divertirsi le famiglie naziste che controllavano e governavano il campo. Sì, da una parte quelle celle due metri per due in cui stavano 15 persone, e dall'altra la piscina e i giardini ordinati dei nazisti, affacciati proprio sulla via che i prigionieri percorrevano per arrivare alla collinetta dove avvenivano le esecuzioni. Questa è la fortezza minore di Terezin.
Nel pomeriggio giungiamo alla Fortezza grande. Essa venne scelta dai nazisti verso la fine del 1941 come ghetto/campo di transito per tutti gli ebrei del territorio del cosiddetto "Protettorato di Boemia e Moravia" prima che si procedesse poi con una seconda deportazione verso i luoghi di sterminio nei territori dell'est. Al primo impatto, passeggiando tra le stradine del vecchio ghetto, non si avverte una sensazione di profonda tristezza e disgusto per l'atrocità della ferocia nazista come si poteva sentire nella fortezza minore. Questo perché ci troviamo in una piccola cittadina caratterizzata da edifici variopinti, alberi, una piazza, stradine che si intrecciano tra di loro...la sensazione di tristezza sale quando si vanno a notare i dettagli..il pezzo rimanente di rotaie di un treno, alcuni pali di recinzione attorno al quale si avvolgeva il filo spinato....poi visitiamo il museo e la tristezza sale ancora di più: in esso ci viene presentata com'era la vita degli ebrei all'interno di questo ghetto, relegati in stanze piccole, privati di molte libertà come vedere la propria moglie o il proprio figlio, privati di essere coloro che erano sempre stati nella loro vita, anche solo leggere, scrivere, studiare.
Visitiamo poi il quartiere dove vivevano i bambini ebrei che erano stati portati nel ghetto, dove ha vissuto anche Helga Weissova, di cui ammiriamo i bellissimi disegni nel museo adiacente, dove è stata raccolta solo una parte di quelli che aveva fatto di nascosto durante la sua reclusione nel campo di concentramento.
Poi in ricordo della morte dei bambini di quel quartiere visitiamo un altro museo, dedicato proprio a loro, a quelle vittime innocenti, dove scopriamo che essi avevano redatto dei giornalini segreti all’insaputa dei loro aguzzini per raccontare la vera vita del ghetto.
La città non era dunque “la città che Hitler aveva donato agli ebrei” come la propaganda nazista voleva far credere, ma una prigione da cui ogni giorno partiva un treno stipato di persone per condurle direttamente ad Auschwitz.
Noi ora lo sappiamo, ma a quel tempo tutto era stato sapientemente nascosto.
Nel 1944, infatti, una delegazione della Croce rossa internazionale fece visita alla fortezza maggiore e per coprire la sporca verità i nazisti decisero di ''trasformare'' il ghetto per farlo apparire un campo gradevole e felice, con negozi (dove erano stati esposti per l’occasione oggetti appartenenti agli ebrei reclusi), un campo da gioco, biblioteche ecc.. Tutto ''andò per il meglio'' e così venne anche girato un film di propaganda, dove vennero ripresi i bambini che giocavano a pallone e che mangiavano gelati “gentilmente“ offerti dalle SS.
Ricordiamo però che tutti i bambini ripresi in quel falso documentario nel giro di qualche mese moriranno a casa Auschwitz, non se ne salverà nessuno.Con la piena consapevolezza delle mostruosità avvenute in quella città, ora deponiamo dei fiori bianchi nei luoghi che ci hanno maggiormente colpito, il filo spinato, il crematorio, i binari del treno…. Ed ora andiamo via, lasciamo questo luogo, con i cuori appesantiti dal dolore e la mente piena di ricordi, perché per far rimanere vive quelle anime di Uomini Innocenti l'unica cosa che possiamo fare è ricordarli e mantenere viva la loro memoria.
Pirna
Un luogo spesso dimenticato e poco considerato all'interno dello scenario di distruzione e disumanità della seconda guerra mondiale è Pirna, piccola cittadina tedesca sulle rive del fiume Elba, che ha subito in prima persona l'azione nazista nei confronti di coloro ritenuti mentalmente instabili o fisicamente disabili, considerati quindi di peso per la società, e per questo non meritevoli di vivere. Queste persone, che avrebbero dovuto essere curate e aiutate, sono state invece brutalmente uccise nell'ospedale psichiatrico di Sonnenstein: 17.000 circa le vittime dell'operazione di eutanasia che Hitler stesso ideò e battezzò con il nome di "operazione T4".
Personalmente ci siamo sentiti molto coinvolti nella drammaticità di questa vicenda, sia per il fatto che tra queste vittime abbiamo visto, attraverso le fotografie esposte in un settore del museo, i volti di numerosi nostri coetanei, sia perché questa visita è stata per noi una vera e propria scoperta, non essendone prima a conoscenza; appunto per questo ci siamo stupiti di come un luogo dove si sono consumati eventi di tale gravità e disumanità possa essere così poco noto.
Le croci colorate tracciate sulla strada che dal paese di Pirna conduce al Museo di Sonnestein ricordano le vittime dell’eutanasia nazista.
17000 i disabili uccisi in un solo anno (1940-1941) nella camera a gas e nel crematorio dell’”ospedale”:quando i nazisti interruppero l’operazione T 4 perché troppo rischiosa in quanto l’opinione pubblica tedesca cominciò a fare domande, tutte le attrezzature furono trasportate e utilizzate nel campo di sterminio di Auschwitz, tranne il forno crematorio che probabilmente fu installato a Dachau.
Pirna -Sonnestein è considerato infatti dagli storici una sorta di laboratorio, di prova generale dei nazisti dei successivi campi di sterminio.
Operazione Anthropoid
Il 27 settembre 1941, a più di due anni dallo smembramento della Cecoslovacchia, il generale delle SS Reinhard Heydrich venne mandato a Praga quale responsabile comandante dei territori già cecoslovacchi occupati dal Reich, ovvero del cosiddetto Protettorato di Boemia e Moravia. Heydrich era stato inviato anche a seguito dell'insurrezione del popolo ceco del 28 ottobre 1939, per soffocare ogni possibile tentativo di resistenza da parte dei cechi. Il regime di terrore che instaurò gli valse l'appellativo di "Boia di Praga", e le uccisioni indiscriminate che ne derivarono (sia di oppositori all'occupazione nazista, sia di cittadini innocenti) obbligarono il governo ceco in esilio a Londra a cercare di attuare una risposta militare mirata e di sicuro effetto. L'azione venne concordata tra il governo ceco, la resistenza nazionale e il governo inglese. La Royal Air Force (RAF) britannica addestrò dei paracadutisti cechi in Scozia dal 1941 per questa azione: il gruppo "Anthropoid", composto dai caporalmaggiori Jan Kubiš e Jozef Gabčík, che aveva come obbiettivo l'eliminazione del generale delle SS Reinhard Heydrich, e anche il tenente Alfred Bartos, il caporalmaggiore Josef Valcik e l'appuntato Jiri Potucek, il cui compito era di supporto ad "Anthropoid" con spionaggio, attraverso la Resistenza Nazionale Ceca.
Successivamente a questo gruppo di paracadutisti arrivati nel Protettorato, ne furono paracadutati degli altri: il tenente Adolf Opálka, il sergente Jaroslav Svarc, il caporale Josef Bublic e il caporale Jan Hruby. Il gruppo "Anthropoid" venne paracadutato nella notte tra il 28 e il 29 dicembre 1941. L'attentato ad Heydrich venne eseguito il 27 maggio 1942, nella curva della via Holesovickach, nella zona di Praga Libeň. Dopo un segnale convenuto, il caporalmaggiore Jozef Gabčík aveva provato a sparare con il mitra alla macchina di Heydrich che si stava avvicinando, ma il mitragliatore si inceppò. Allora il caporalmaggiore Jan Kubiš gettò una bomba a mano nell'auto del generale, ferendolo mortalmente. Reinhard Heydrich morì in ospedale il 4 giugno 1942 per setticemia dopo essere caduto in coma senza mai aver ripreso conoscenza.
Il generale Kurt Daluege, che prese il posto di Heydrich, scatenò il terrore contro la popolazione. Fu annunciata una ricompensa di dieci milioni di corone a chi avesse aiutato a trovare gli esecutori dell'attentato e la pena di morte per coloro che avevano aiutato gli attentatori. Il giorno dopo i funerali di Heydrich il 9 giugno 1942, i tedeschi rasero al suolo il villaggio di Lidice per rappresaglia: fucilarono 199 uomini (173 uomini al villaggio e 26 a Praga), 95 bambini furono presi come prigionieri (81 di essi poi furono uccisi, solo 8 dati in adozione a famiglie tedesche, perché gli altri furono rifiutati in quanto non corrispondenti ai canoni estetici desiderati), mentre 195 donne furono immediatamente deportate nel campo di concentramento di Ravensbrück. Tutti gli adulti, sia uomini sia donne, nel villaggio di Ležáky furono uccisi. Entrambi i paesi furono dati alle fiamme e le rovine di Lidice livellate.
Prima di eseguire l'attentato, ci si era chiesto dove i paracadutisti potessero nascondersi. A ciò doveva pensare Petr Fafek, che lavorava nella lega contro la tubercolosi. Nello stesso ufficio lavorava Jan Sonneved, capo del Consiglio della Chiesa Ortodossa di Cirillo e Metodio di via Resslova, a Praga. Fafek chiese a Sonerei dove poteva nascondere i paracadutisti. Tutti pensavano fosse compito della Resistenza nazionale Ceca. Parlando con il prete ortodosso Vladimir Petrek, seppero che c'era una catacomba all'interno della chiesa di San Cirillo e Metodio, e attraverso una persona in contatto con i paracadutisti, Jan Zelenka-Hajsky, decisero di rifugiarli nella catacomba.
Tutti si prestarono ad aiutare i paracadutisti: il prete superiore Vaclav Cikl, il sacrestano Vaclav Ornest e il vescovo Gorazd Matej Pavlik, anche se questi ultimi seppero molto tempo dopo che erano riparati nella catacomba. Ma la pressione del terrore a cui fu sottoposta la città fu tale, che uno dei paracadutisti tra gli ultimi arrivati, Karel Čurda tradì. Egli non era a conoscenza del rifugio nella catacomba, ma confessò diversi altri dettagli, sufficienti a consentire ai tedeschi di risalire alla chiesa dove erano nascosti. Il 18 giugno 1942, due battaglioni di SS (tra cui 360 SS di Praga), circondarono la chiesa, scontrandosi con i sette paracadutisti alle 2:00 di notte. Gli ordini erano quelli di catturarli vivi. Opalka, Kubis e Bublik si difesero fino alle 7:00 di mattina, per salvare gli altri quattro nascosti nella catacomba. Perirono tutti e tre, ma i tedeschi si accorsero del rifugio nella catacomba riprendendo quindi l'assalto. I paracadutisti si difesero fino all'ultima pallottola, con la quale si suicidarono per non cadere vivi nelle mani dei tedeschi.
Le famiglie di Vaclav Ornest (sacrestano), Vaclav Cikl (prete superiore), Jan Sonneved (capo del consiglio della chiesa ortodossa di Cirillo e Metodio) vennero deportate a Mauthausen insieme ad altre 254 persone, dove perirono. Il vescovo Gorazd venne torturato per tre mesi e poi condannato a morte in un processo- farsa insieme ai preti Cikl e Petrek e al signor Sonneved. Con questa azione venne azzerato il vertice della Chiesa ortodossa di Boemia.
Fa uno effetto terribile ripercorrere le tappe dell’operazione Anthropoid, si prova quel senso di ammirazione per i soldati che hanno combattuto il regime nazista con grande coraggio e determinazione, per amore della propria terra e della propria gente che era oppressa da una dominazione straniera e da un regime che privava delle libertà e, allo stesso tempo, un senso di sgomento per la rappresaglia che i nazisti attuarono a Praga e a Lidice. Pensare che un paese un giorno vive, respira, ride e che il giorno dopo non esista più perché è stato raso al suolo, i suoi uomini uccisi, le sue donne deportate e i suoi bambini “germanizzati” (pochi) o uccisi (quasi tutti) è disumano, va semplicemente contro ogni logica, ogni ragione, ogni sentimento umano.
L’opera che ricorda a Lidice i bambini uccisi nella rappresaglia nazista: i loro volti sono stati fedelmente ricostruiti sulla base delle testimonianze fotografiche. I bambini furono tutti gasati direttamente sui camion che in realtà avrebbero dovuto “solo” deportarli.
Dal villaggio i nazisti portarono via persino le pietre e sul terreno versarono il sale.
In questa foto ci troviamo davanti al Centro di Pirna Sonnenstein, vicino a Dresda.