Difficile è descrivere ciò che si prova quando si è messi difronte alla dura e cruda verità disumana di ciò che è stato il nazismo. Difficile è credere che l'uomo, l'essere umano, possa arrivare a voler sterminare un'intera popolazione di suoi pari. Ma ancor più difficile è capire nel profondo come le persone, le vittime di questo inutile massacro, si siano sentite davvero. Difficile, sì, ma non impossibile. Del ghetto di Terezìn non dimentichiamo infatti i bambini lì reclusi, ebrei, vittime di quei folli carnefici. Solo pochi di loro sono sopravvissuti alla guerra, al ghetto, ai campi di sterminio in cui venivano trasferiti: 245 su 10.000.
Pochi di loro hanno potuto trasmettere personalmente i proprio ricordi, ma con loro anche molti degli altri, grazie a disegni, poesie e racconti scritti ci hanno dato la possibilità di trattenere un indelebile ricordo di ciò che è stato il passato, sperando ed impegnandoci a non far mai più ripetere errori simili.
La poesia che segue è proprio una di quelle lasciateci dai bambini del ghetto di Terezìn, dal quale prende anche il titolo; la storia di un bambino di poco più di 10 anni, che ha nel ghetto perso la sua infanzia. La poesia si chiama “Terezin”, è scritta da Hanus Hachenburg nato il 12.7.1929, morto il 18.12.1943 ad Auschwitz.
TEREZÌN
Una macchia di sporco dentro sudice mura
e tutt’attorno il filo spinato:
30.000 dormono
e quando si sveglieranno
vedranno il mare
del loro sangue.
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati:
dov’è il Babau di un tempo?
Ma forse questo non è che un sogno
e io ritornerò laggiù con la mia infanzia.
Infanzia, fiore di roseto,
mormorante campana dei miei sogni,
come madre che culla il figlio
con l’amore traboccante
della sua maternità.
Infanzia miserabile catena
che ti lega al nemico e alla forca.
Miserabile infanzia, che dentro il suo squallore
già distingue il bene e il male.
Laggiù dove l’infanzia dolcemente riposa
nelle piccole aiuole di un parco,
laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
quando su me è caduto il disprezzo:
laggiù nei giardini o nei fiori
o sul seno materno, dove io sono nato
per piangere …
Alla luce di una candela m’addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno …