Il viaggio

Sulle tracce dell'operazione Anthropoid

28.02.2013 |
Valeria Zini, professoressa del Liceo Ariosto Reggio Emilia

17 giugno 1942: la chiesa dei santi Cirillo e Metodio nella città vecchia, luogo di culto cattolico da pochi anni concesso al rito ortodosso, è sede della più gigantesca opera di “polizia” della storia. Un commando nazista costituito da centinaia di uomini addestrati ad uccidere è inviato a “stanare” ed eliminare i sette soldati cechi che hanno portato a segno l'attentato contro Heydrich. Otto ore di sparatorie non sono sufficienti a raggiungere l'obiettivo: la missione di morte si conclude soltanto con l'intervento dei pompieri che allagano la cripta dove ancora non si arrendono gli ultimi due resistenti. A piegare Praga non erano bastate nemmeno le operazioni di distruzione totale a cui i nazisti avevano proceduto nelle settimane precedenti, come a Lidice, interamente rasa al suolo, dove non solo uomini, bambini, vecchi, ma anche case, animali, persino tombe, erano stati vittime, prede, oggetti di scempio. In contrasto con le misure di segretezza, mistificazione, copertura a cui la pratica abituale dello sterminio nazista si ispirava, e di cui abbiamo visto a Terezin l'esempio più impressionante, la rappresaglia organizzata per l'operazione Anthropoid si è dispiegata nelle forme più manifeste e clamorose, fino ad assumere i caratteri di un vero e proprio teatro di sangue, destinato a fungere da “insegnamento” e da minaccia per la popolazione. Emerge qui un altro aspetto della propaganda: l'attivazione costante del terrore per indurre obbedienza, paura, senso di ineluttabilità.

Giustizia punitiva intesa come feroce spettacolo di morte.

21 giugno 1621: nella piazza della Città vecchia è eretto un palco dei supplizi. Al centro sta un ceppo e, piantato davanti, un alto crocifisso. La giornata è stata inaugurata all'alba dai cannoni del castello, e per tutta la mattina i tamburi hanno rullato, le trombe squillato. Sotto la spada-mannaia del boia cadono 24 teste, a cui seguono 3 impiccagioni. Si tratta di cittadini cechi di diversa origine ( nobili, cavalieri, borghesi), accomunati dalla volontà di difendere la loro fede evangelica contro la restaurazione del cattolicesimo come unica religione imposta dagli Asburgo. L'esecuzione dura più di quattro ore. 12 teste di suppliziati vengono esposte sul cornicione della torre, dove resteranno appese come macabro monito per anni.

La volontà di distruzione e annientamento del potere è costante: si devono mostrare i teschi dei ribelli “puniti” o cancellare ogni traccia di vite e di luoghi, secondo la logica della “damnatio memoriae”. Ma il nome di Lidice è rimasto nella storia: scritto sui carri armati sovietici, sugli aerei dell'aviazione americana, assegnato come nome proprio a bambine nate in sud-America. La testimonianza della libertà può sopravvivere alla brutalità della violenza.