REGGIO EMILIA - TEREZIN  2016

La visita al campo di Terezin della 4D del Liceo Moro – Foto di Andrea Mainardi

Non possiamo fermarci al 1945

Una riflessione di Andrea Incerti del Liceo Moro scritta il 28 gennaio 2016, che presentiamo al suo arrivo a Praga.

Ieri si sono ricordati i 71 anni dall’apertura, ad opera della Armata rossa, dei cancelli del campo nazista di Auschwitz, il 27 Gennaio 1945.
Non penso ci sia bisogno di ricordare l’importanza di questo “Giorno della Memoria”. Un’importanza che piega il tempo, un’importanza che vale per il passato, per il presente e anche per il futuro: proviamo pertanto a ricordare qui, oggi, brevemente, quanto è stato, cercando di non cadere nel banale, perché il 27 gennaio non può essere solo una giornata dedicata ad un ricordo passivo della Shoah, ma deve farci anzitutto riflettere su quanto accaduto prima e durante, e quanto succede anche oggi. Non possiamo fermarci al 1945. Di eccidi il mondo ne ha visti molti sia prima, sia dopo. La deportazione e lo sterminio degli ebrei – ma non solo ebrei: non scordiamoci degli omosessuali, degli oppositori politici, dei menomati fisici e mentali, dei Rom, dei Sinti – la deportazione e lo sterminio, dicevamo, ad opera dei nazi-fascisti, sia anche il simbolo di tutti i genocidi che la Storia ospita tra le pagine del suo grande libro. Non ricordiamoci solo della Shoah ma, assieme a lei, di tutti i crimini contro l’uomo, contro l’umanità, contro ognuno di noi. Crimini che trovano il loro vertice nell’Olocausto, per quantità di vittime e per vastità della follia organizzata.
Anche l’Italia ha fatto la sua parte, sia come vittima – si veda a questo proposito la questione delle Foibe - sia come carnefice. Si può ricordare qui, a titolo d’esempio, la Guerra di Etiopia, svoltasi tra 1935 e 1936, durante la quale non rinunciammo, il duce e noi, non rinunciammo a spruzzare il gas iprite (un gas molto tossico capace di condurre facilmente alla morte). Lo spruzzammo indifferentemente su soldati e su civili, civili che abitavano quella terra da tempo, erano, potremmo dire, autoctoni. Autoctoni, un vocabolo che oggi è molto in voga tra alcuni di noi, dai quali viene usato per definire una superiorità, vera o presunta... Ma non approfondiamo, perché deve sorgere una nuova era, nella quale non c’è più occhio per occhio, niente più dente per dente, nessuna vendetta. Se vogliamo fare un parallelo con il libro più venduto di sempre, ossia la Bibbia, diremmo che è ora di passare dalla morale dell’Antico alla morale del Nuovo Testamento: la legge del taglione rimpiazzata dalla legge di amore. Come sottolinea Brecht in una sua poesia, il difetto dell’uomo è questo: può pensare, pertanto non fermiamoci all’apparenza, ma scaviamo in profondità, sfruttiamo questo dono, che è l’intelletto. E’ un percorso difficile, si sa, ma in palio c’è la conoscenza della Verità. La Verità con la V maiuscola. Ricordiamo quindi tutti i massacri fatti nel nome di un’idea o di una visione malsana che vede i diversi popoli come nemici, come rivali tra loro e non come fratelli (“Di che reggimento siete/fratelli?/Parola tremante/nella notte/Foglia appena nata.” Scriveva Ungaretti in occasione di un altro sterminio folle, ossia la prima Guerra Mondiale). Le vittime innocenti dei massacri di ogni tempo trovino oggi un momento nel quale essere ricordate. E’ stata negata a loro la loro vita: concediamogli un minuto della nostra. Voglio concludere citando Etty Hillesum, scrittrice olandese morta il 30 novembre 1943 ad Auschwitz. Nel suo Diario (in Italia pubblicato da Adelphi), troviamo, in data 3 luglio 1943, queste parole molto significative: “A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere.”
Eccoci qui, il 28 gennaio 2016. Come sarà il domani non lo sappiamo. Ma sappiamo che La memoria passa attraverso ognuno di noi ed è importante ricordare, perché solo così si potrà costruire un mondo migliore e perché siamo noi quelli chiamati a migliorarlo. Siamo noi gli artefici del futuro.